Ho presentato in conferenza stampa, insieme all’Avvocato Michela Scafetta , che ha contribuito alla redazione del disegno di legge, al dott. Andrea Bottega , Segretario Nazionale NurSid, ed al Dirigente Nazionale Nursid Stefano Barone, il Disegno di Legge “Disposizioni in materia di attività libero-professionale intramuraria per le professioni sanitarie di cui alla legge 1° febbraio 2006, n. 43”
Perchè ho voluto questo disegno di legge? Perchè il nostro Servizio sanitario nazionale necessita di una modernizzazione che preveda la riconduzione dell’ambito ospedaliero alla sua vocazione di risposta a determinati e specialistici bisogni dei cittadini.
Inoltre, è necessario realizzare un’assistenza territoriale capillare ed estesa con presìdi sanitari e socio-sanitari quanto più prossimi ai cittadini.
In questo ammodernamento, il ruolo dell’assistenza infermieristica è essenziale tanto in ospedale quanto sul territorio.
Oggi, il nostro ordinamento consente solo ad alcuni dipendenti del Servizio sanitario nazionale, appartenenti alla dirigenza sanitaria, medica e veterinaria, di esercitare l’opzione libero professionale intramoenia disciplinata contrattualmente, non essendo – invece – prevista per le professioni sanitarie di cui alla legge 1° febbraio 2006, n. 43.
Eppure, la conquista della dimensione di professione autonoma e libera, nell’accezione propria delle altre professioni formate con laurea magistrale, che oggi l’infermiere ha, dovrebbe prevedere, come suo corollario, il suo diritto ad esercitare la libera professione, sia come soggetto autonomo, come già avviene – anche se con modalità da migliorare e valorizzare -, ma soprattutto come dipendente del Servizio sanitario, al pari dei profili professionali della dirigenza sanitaria.
In questa direzione di ammodernamento e di valutazione della figura del professionista sanitario, è necessario colmare questa lacuna legislativa, procedendo alla valorizzazione di tutti i professionisti del Sistema sanitario nazionale (SSN) e offrendo ai cittadini nuovi servizi e prestazioni.
I dati mostrano quanto sia importante istituire la libera professione intramoenia delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione, che permetterebbe, specie sul territorio, il potenziamento delle cure primarie, l’abbattimento delle liste di attesa e il controllo del fenomeno troppo diffuso dell’esercizio abusivo di professione, soprattutto infermieristica.
L’istituzione dell’attività libero-professionale intramoenia per tutte le professioni sanitarie, permetterà di rispondere soprattutto alle attese e alle domande di salute dei cittadini.
Attualmente, si registra l’assenza di norme che consentano al personale delle professioni sanitarie, come accade per i medici, di svolgere attività libero-professionali a latere del loro rapporto di lavoro in qualità di dipendenti della pubblica amministrazione.
Questa peculiare condizione ha dato vita ad un mercato di prestazioni sanitarie per buona parte sommerso, destinato a crescere sempre più a causa delle cronicità in costante aumento, della domanda che proviene dalle famiglie con una persona non autosufficiente a carico (920.000) e a causa dei 2,5 milioni di famiglie con minori (delle quali, 720.000 con bambini da 0 a 3 anni).
Una vasta platea di utenti che si avvale, in primis, degli infermieri, ma anche di altri professionisti sanitari non medici, per effettuare prelievi, iniezioni, misurazione e registrazione dei parametri vitali, medicazioni, bendaggi, flebo, infusioni, perfusioni e assistenza notturna.
Queste prestazioni, secondo uno studio sulla materia dell’anno 2017 (fonte FNOPI/CENSIS/ISTAT) sono costate agli italiani 6,2 miliardi di euro in un solo anno, registrando un mercato sommerso rilevante (quasi il 50 per cento degli acquirenti ha dichiarato di aver pagato in nero).
Ma non è tutto, visto che le preferenze dei pazienti sono andate, nella maggior parte dei casi, verso l’infermiere pubblico (30,4 per cento), un professionista che ispira fiducia all’84,7 per cento degli italiani. C’è quindi da chiedersi per quale ragione non consentire agli infermieri e agli altri professionisti non medici di esercitare la libera professione onde evitare, tra l’altro, che ci si imbatta in chi esercita abusivamente.
In conclusione, il nostro obiettivo è quello che il personale che esercita le professioni sanitarie, operante con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato nelle strutture pubbliche regionali, può esercitare attività libero-professionale, al di fuori dell’orario di servizio, anche singolarmente all’interno dell’Azienda e in forma intramuraria allargata, presso le Aziende sanitarie locali, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) e gli altri enti equiparati.
Cosa da sottolineare è il fatto che questa legge comprende anche il personale sanitario militare dell’Esercito italiano, della Marina militare, dell’Aeronautica militare, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, che presta la propria attività in regime di lavoro dipendente, a tempo pieno o parziale, presso strutture sanitarie pubbliche, comprese quelle afferenti il Servizio sanitario militare.
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